NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE. La nostra intervista ad Anna Trieste: “Va garantita la pari opportunità. Serve rieducazione ed un cambio di cultura per dare una svolta”



Anna Trieste

CASERTA – Pugni, schiaffi, calci, morsi, insulti, umiliazioni, mobbing, stalking, minacce, pressione psicologica e molestie. Tutto questo lo possiamo racchiudere in una parola: violenza. La violenza di genere, ormai purtroppo nota a tutti, è costata la vita tra il 2018 ed il 2020 a 207 donne, uccise dalla mano dell’uomo che diceva di amarle. Tra il 2019 ed il 2020 sono state presentate 13.579 denunce per stalking ed il 75% della parte lesa erano donne. Solo negli ultimi 5 anni sono state 2 milioni 435 mila le donne che hanno ricevuto violenza fisica o sessuale. Tante donne hanno trovato il coraggio di denunciare i loro carnefici, spesso però non sono state tutelate a dovere, sono infatti molti i casi in cui le vittime hanno ricevuto ritorsioni. Questi eventi non fanno altro che aumentare lo stato di paura, quando quest’ultima prende il sopravvento, la vittima si chiude in se stessa non riuscendo ad esternare il disagio vissuto. Ogni forma di violenza ha delle conseguenze catastrofiche sulla vita della vittima: depressione, ansia, paura e nei casi purtroppo sempre più frequenti la morte. Sono tantissime le associazioni che ogni giorno si impegnano e lottano contro questa piaga sociale creando eventi, parlando del problema e aiutando materialmente le donne. Dietro le associazioni antiviolenza ci sono uomini e donne che, avendo vissuto direttamente o indirettamente il problema, si mettono in prima linea per combattere la violenza. Il 25 Novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne: nell’intervista da noi redatta parla la giornalista de “Il Mattino” Anna Trieste, donna forte e napoletanissima, sempre pronta a dar battaglia per sostenere giuste cause come l’anti razzismo ed appunto la violenza sulle donne.

LE DONNE NEL MONDO DEL CALCIO. Sono tante le donne che, mosse dalla passione per il calcio, decidono di intraprendere un percorso lavorativo analogo. Purtroppo non manca il concetto di maschilismo in questo campo, sono ancora tanti gli uomini convinti che una donna non possa essere a pari merito con loro: “Non è pesante per me essere una donna di spessore nel mondo del calcio, credo sia pesante per i colleghi. C’è il pregiudizio che una donna non segua o non possa capirne di calcio solo in quanto donna. Mi è capitato un evento poco piacevole tempo fa quando, ospite in Rai, mi fu chiesto da un personaggio noto se avessi visto la partita. Forse, persone come lui, pensano che il ruolo di una donna possa essere solo quello di ragazza-immagine, se fossi stata uomo non mi avrebbe mai posto questa domanda. Vengo subissata di insulti a sfondo sessuale o sessista, una volta un giocatore della Juventus paragonò un rigore datogli contro, ad uno stupro. Io rimasi indignata da quest’affermazione e feci presente che era una castroneria assurda. Inutile dire che fui successivamente sommersa da commenti dove, tra i vari insulti, mi augurarono di essere stuprata. Se fossi stato uomo mi avrebbero detto che non erano d’accordo con me, dato che sono donna si sono sentiti in diritto di scrivere cose del genere. L’unico peso, se così possiamo definirlo, è che se sei donna devi lavorare e faticare il triplo. Mentre magari lo sbaglio di un uomo non viene neanche preso in considerazione noi donne non abbiamo margine di errore, altrimenti subito ci puntano il dito e ci etichettano come quelle che non ne capiscono. Io ho iniziato facendo cronaca politica, lavoravo a Montecitorio ed ero spesso in giro. L’era Benitez l’ho vista praticamente tutta in treno e commentavo le gare sui social network per sentirmi meno sola. Quando, dopo essere stata chiamata, ho cominciato a farlo sui giornali, ricordo che un collega si sentì attaccato semplicemente perchè magari la gente mi seguiva o mi fermavano per strada riconoscendomi. Io sono cresciuta con il calcio, mio padre è milanista e ricordo che da piccole faceva fare le foto con le parrucche di Gullit a me e mia sorella. Sono cresciuta scherzando con il calcio”.



PARITA’ TRA UOMO E DONNA. Si lotta da sempre per la parità tra uomo e donna: parità di merito, parità di opportunità, parità di pensiero. Seppur 30 anni fa si pensava che nel 2020 ci sarebbe stato un ampliamento della mentalità e della cultura è palese non sia così. Spesso le donne vengono ancora discriminate, sul lavoro o nella vita sociale. Basta pensare ai vari casi in cui le donne, a parità di mansione con un uomo, ricevano un salario più basso rispetto a quest’ultimo: “No, ovviamente non c’è. E ti dirò, non vorrei la parità, penso che ovviamente ci siano delle differenze che vadano tutelate. Il punto è la parità di opportunità che deve esserci tra uomo e donna, la differenza biologica che esiste tra uomo e donna non deve sfociare in una disparità di trattamento. Il fatto che siano diversi uomo e donna non significa che debbano essere diversi da un punto di vista sociale o professionale”. 

PREVENZIONE, DIALOGO E RIEDUCAZIONE. Si parla tanto di violenza sulle donne, la prevenzione ed il dialogo non mancano ma il fenomeno non sembra frenarsi. Sono ormai anni che la situazione precipita sempre più, basta informarsi per apprendere, tramite i numeri e le varie notizie, quanto la piaga sociale sia ancora enorme: “Secondo me più che il dialogo e la prevenzione bisogna intervenire sulla linea di pensiero, sulla cultura. Una cosa importante è che non si deve intervenire solo sulla cultura maschile ma anche su quella femminile. Se si continuano a formare uomini e donne abituati a vivere in un certo modo il problema si presenterà sempre. Se in una famiglia si è abituati a vedere che la madre pulisce casa, che viene insultata perchè magari non ha cucinato quello che il marito voleva o perchè vuole uscire a fare una passeggiata si innescano due meccanismi non sani: la bambina capirà che è normale che le donne vengano trattate così, il bambino che è giusto comportarsi in quel modo e seguirà il modello del padre emulando i suoi comportamenti. Stessa cosa sui libri di scuola dove compaiono frasi tipo “la mamma cucina, il papà va a lavoro”. Oppure nei giochi, dove si ritiene normale che una cucina sia un gioco per bambine e magari un robot per i bambini. Se una donna ritiene che un’altra donna si sia vestita in maniera troppo succinta e che in qualche modo lo stupro se lo sia meritato il problema è anche femminile. E’ ovvio che i comportamenti malsani possono essere dettati da vari motivi, di natura patologica magari, per esempio un narcisista patologico i cui problemi però comunque nella maggior parte dei casi vengono ricondotti alla famiglia, a traumi dell’infanzia. Anche l’educazione gioca un ruolo importante nella devianza criminale. Il fenomeno generale della sopraffazione ossia voler considerare la donna come essere inferiore e quindi poterla manipolare, controllare, usare, possedere è un problema quindi sia di educazione che culturale”.  

LA RESPONSABILITA’ DELLO SPORT. Sono tantissimi gli sportivi che sposano la causa contro la violenza sulle donne, postando foto sui social e scendendo in campo con un segno rosso sul volto, dalla Serie A ai Dilettanti. I segnali positivi che si ricevono da parte dei calciatori fa capire che la parte sana della popolazione maschile prende totalmente le distanze da questi comportamenti meschini. Lo sport, secondo la giornalista napoletana però, potrebbe anche fare di più: “Lo sport può essere utile nel momento in cui si mettono sullo stesso piano uomini e donne. Il calcio è lo sport più popolare del mondo ed ha una grande responsabilità nell’educare i giovani al rispetto delle donne. Inoltre lo sport potrebbe dare opportunità anche alle donne. In Italia per esempio si può notare che tutti i telecronisti sono uomini. Perchè non dare la possibilità, facendo magari dei concorsi, anche alle donne? Questo sarebbe un modo per dare pari opportunità. Attualmente, il massimo che siamo riuscite ad ottenere nel nostro paese sono le bordocampiste, che restano comunque poche rispetto agli uomini”. 

COLPEVOLIZZARE LA VITTIMA. “Se l’è cercata”, “Magari ti sei comportata in maniera equivoca”, “Come eri vestita quando ti hanno stuprata?”, “Forse quello schiaffo te lo sei meritato”, “E’ colpa tua”. Sono solo alcune delle frasi che si leggono, soprattutto sui social, quando si parla dei vari tipi di violenza. Tutti si sentono in diritto di poter dire la propria spesso incolpando la vittima, questa becera linea di pensiero non fa altro che aumentare il disagio della persona che subisce la violenza: “Il problema di fondo è culturale. Per esempio il fatto di cronaca della maestra d’asilo di Torino successo qualche anno fa è proprio indicativo. Io posso fare la maestra d’asilo e contemporaneamente avere una vita sessuale, posso mandare una foto al mio partner. Non capisco cosa ci sia di strano in questo, è tutto normalissimo. Se il mio partner invia la mia foto ad altre persone è impensabile imputare la colpa a me, l’unico colpevole è lui. Uno dei problemi è che la dimensione sessuale delle donne, perchè purtroppo questo è un argomento che tocca esclusivamente le donne, viene tutt’oggi considerata una questione di pubblico dominio e viene accostata alla moralità. Innanzitutto bisogna considerare l’idea che la dimensione sessuale delle donne riguarda unicamente le donne: una donna può decidere di uscire nuda ed avere un rapporto con un uomo, può decidere di uscire nuda e non voler avere rapporti con nessuno. Per nessuna ragione al mondo il modo in cui lei si sia vestita o svestita autorizza o nega un determinato tipo di trattamento. Accade il contrario perchè, ripeto, la sessualità di una donna viene considerata come argomento del pubblico. Non c’è nessun collegamento tra la moralità e la sessualità, non c’è valore etico nella sessualità”. 

VIOLENZA SULLE DONNE NEL LOCKDOWN. Con l’emergenza Covid-19 c’è stato un aumento esponenziale del pericolo delle violenze domestiche. Le vittime, costrette in casa con i loro carnefici continuano a subire senza trovare una via di fuga. Secondo i dati de “Il Sole 24 Ore” nel periodo Marzo-Giugno 2020 c’è stato un incremento del 119% (15.280) rispetto al 2019 di chiamate e messaggi validi al 1522 (centro antiviolenza attivo 24 ore su 24) per un totale di circa 5.000 richieste d’aiuto: “Il lockdown è pericoloso perchè è chiaro che in molti casi c’è anche un problema di dipendenza economica, magari moltissime donne con figli non sanno cosa fare, come comportarsi. Durante questo periodo sono ottime tutte le iniziative fatte anche tramite i social per aiutare chi è in difficoltà. Con un semplice messaggio su Facebook magari una donna può esternare una situazione di pericolo e quindi le si può tendere una mano”. 

VIOLENZA PSICOLOGICA. C’è una violenza che viene troppo spesso sottovalutata, non lascia lividi sul corpo ma profonde ferite nell’animo della vittima. Il carnefice sminuisce la donna rendendola estremamente fragile ed insicura insultandola, minacciandola ed umiliandola. La donna che subisce violenza psicologica entra in un circolo vizioso e comincia a credere fermamente ad ogni parola detta dall’uomo in questione. Si sentirà inadatta, non capace di far nulla, inferiore rispetto agli altri. La domanda è perchè viene dato poco peso alla violenza psicologica? Perchè non si tende a dare la giusta attenzione ad un fenomeno che ha comunque delle conseguenze gravissime? Anna Trieste ha un’idea ben precisa a riguardo: “Si tende a sminuire la violenza psicologica perchè in generale si tende a farlo con qualsiasi cosa riguardi la sfera della psiche umana. Questa, secondo me, è una conseguenza anche della tipologia del mondo in cui viviamo. Viviamo in un mondo materialista, per cui tutto quello che non si vede o non si tocca viene considerato “inutile”. Basta considerare la poca attenzione che viene data dalla sfera pubblica alle malattie di natura psicologica. Ad esempio la depressione, molte persone che purtroppo soffrono di depressione vengono ancora bollate come soggetti che semplicemente non hanno voglia di far nulla, non vengono considerate come persone che soffrono di una patologia.  Ancora oggi, sento in giro persone dire “Allora non posso nemmeno fare un apprezzamento per strada ad una ragazza” il problema è che non capiscono che in quel momento non stanno facendo un complimento, non capiscono che è una forma di abuso etichettando magari in maniera poco carina la ragazza. Il problema è proprio questo: sminuire qualsiasi cosa riguardi la psicologia.”

“Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato,
per tutto questo:
in piedi, Signori, davanti ad una Donna”.

Una poesia recita queste parole, nella speranza che un giorno ogni essere umano si alzi in piedi per ogni donna maltrattata, uccisa, denigrata, umiliata, picchiata, tutti dobbiamo impegnarci per aiutare realmente chi vive disagi del genere. Soprattutto però, chi è la causa di questa piaga sociale, dovrebbe smettere e semplicemente, come narrano i versi sopra citati, alzarsi in piedi davanti ad una DONNA.


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