Di fronte al tempo che corre, ci sono ricordi che resistono. E il 21 maggio 1991, a Caserta, non è mai passato davvero. È inciso nei muri del Palamaggiò, nei cuori di una città intera e nei racconti emozionati di chi, quella notte, vide un sogno diventare realtà.
Sono passati 34 anni, ma chi c’era ricorda ogni istante: il suono dei palloni nel riscaldamento, la tensione dell’attesa, quasi sacra, e poi quell’ultima sirena che non fu solo la fine di una partita, ma l’inizio dell’eternità sportiva per una squadra che ha saputo ribaltare i pronostici, sfidare le grandi potenze del basket italiano e scrivere la più bella favola dello sport meridionale.
La Juve Caserta di Nando Gentile, Enzo Esposito, Sandro Dell’Agnello, Tellis Frank, Charles Shackleford e con la guida in panchina di un sapiente e appassionato Franco Marcelletti, si impose in gara-5 contro l’Olimpia Milano. Non una squadra qualsiasi: l’armata, la potenza, il nord. Ma quella sera, il Sud si prese la sua rivincita. Con talento, cuore, e un’intera città sulle spalle.
Il punteggio finale di 88-97 non racconta tutto. Non dice della tensione, dell’orgoglio, delle mani che tremavano sugli spalti. Dei rimbalzi di Shack, i canestri di Sandro, il dolore e le lacrime di Enzino. Non racconta di quel ragazzo casertano, Nando, che aveva il fuoco negli occhi e che portò la sua gente sulla vetta.
In quella vittoria c’era molto più di un tricolore. C’era riscatto, identità, appartenenza. C’era un Sud che non si piega. C’era Caserta, che finalmente poteva gridare al mondo il suo nome senza doverlo spiegare.
Oggi, 21 maggio 2025, Caserta si ferma ancora una volta. Perché lo Scudetto del 1991 non è solo un pezzo di storia: è una memoria viva. È il segno che anche da una provincia dimenticata può partire una rivoluzione sportiva. Che anche senza grandi sponsor, si può vincere con l’anima.
Nessun altro club del Sud è mai riuscito a replicare quell’impresa. Per questo quella squadra è diventata mito. I ragazzi di allora sono oggi simboli, eroi gentili di un’epoca in cui tutto sembrava possibile. E forse, grazie a loro, lo era davvero.
34 anni dopo, il bianco e il nero della Juve Caserta brillano ancora. E l’Italia del basket, ogni 21 maggio, si ricorda che i miracoli, a volte, indossano la maglia numero 5 di Gentile e partono da una piccola città del Sud.
Perché Caserta, quella notte, ha vinto molto più di uno scudetto. Ha vinto l’immortalità.