VIDEO – L’assurdo regolamento discriminatorio della Figc verso i calciatori non italiani: la singolare protesta degli Rfc Lions



rfcRiportiamo integralmente il comunicato degli Rfc Lions in merito ai regolamenti discriminatori della Figc per i calciatori non italiani. Una protesta singolare e pacifica descritta minuziosamente. GUARDA IL VIDEO

In occasione della prima gara della stagione, valida per il campionato FIGC di III Categoria con l’ A.S.D Castel Morrone Calcio (che ringraziamo per aver appoggiato e compreso, insieme al suo pubblico, la nostra protesta), abbiamo deciso di fermarci e di non giocare il primo minuto di gara. Avremmo voluto infatti condividere l’entusiasmo e la gioia della prima stagionale con tutti i fratelli e compagni di squadra che da settembre si allenano con impegno e costanza in attesa di questo momento. Ed invece siamo costretti a schierare in campo una squadra formata quasi esclusivamente da giocatori italiani. Il nostro gesto, pertanto, vuole essere un segnale forte e chiaro rivolto alla FIGC-LND, una presa di posizione in merito alla “discriminazione istituzionale” sistematicamente subita dai giocatori migranti, in particolare richiedenti asilo e minori non accompagnati, all’atto del tesseramento. Ciò a causa di un regolamento federale ottuso e non inclusivo, che non garantisce parità di diritti tra giocatori italiani e stranieri in merito all’accesso alla pratica sportiva.
Il nostro caso è emblematico. La nostra squadra è formata in gran parte da richiedenti asilo che, a causa delle norme restrittive sul tesseramento, non potranno iniziare il campionato e saranno costretti ad accomodarsi fuori dal campo, nonostante si siano preparati ed allenati in vista di questo appuntamento, esattamente come tutti i nostri giocatori italiani. I più fortunati potranno giocare a stagione abbondantemente iniziata. Ciò in quanto, mentre per un giocatore italiano il tesseramento è automatico (basta un documento di riconoscimento ed il codice fiscale ed il gioco è fatto), per un migrante il primo tesseramento deve passare per gli uffici di Roma a cui bisogna spedire: Certificato di residenza anagrafica, permesso di soggiorno con scadenza non inferiore al 31 Gennaio della stagione sportiva in corso, dichiarazione di non aver mai giocato in una squadra nel proprio paese. Tutta questa trafila burocratica viene ulteriormente complicata dalla lentezza tanto delle Questure nel rilascio del permesso di soggiorno e dei rinnovi dello stesso quanto degli uffici federali preposti alla cura delle pratiche di tesseramento dei giocatori non italiani, oltre che dalla difficoltà per alcuni di ottenere un certificato di residenza. E’ evidente dunque la discriminazione sistematica che devono subire i giocatori stranieri, a cui – di fatto – non viene garantito il diritto universale allo sport. Per una squadra multietnica come la nostra, nata per favorire l’accesso allo sport, l’integrazione ed inclusione sociale dei migranti che vivono sul nostro territorio, questa normativa rappresenta un grosso ostacolo al perseguimento del fine per il quale è nato il progetto.
Ed è per queste oggettive difficoltà che realtà come la nostra, formate in gran parte da giocatori non italiani, sono spesso costrette a fare un passo indietro e ad abbandonare i campionati federali. La questione si complica ancora di più per i minori stranieri non accompagnati, per i quali il tesseramento diventa quasi un’utopia, a causa della farraginosità di un iter che porta a dover scomodare un organismo ad hoc della Fifa. Una normativa che nasce per combattere il fenomeno della tratta dei giovanissimi prelevati dai club di calcio europei medi e grandi e portati nei vivai senza procedure regolari, ma che non ha previsto alcun salvacondotto per la stragrande maggioranza dei casi, ovvero per i tanti minori non accompagnati richiedenti asilo ospiti dei centri di accoglienza, desiderosi di giocare in piccoli campionati di dimensione provinciale.
Da ultimo la problematica dei minori stranieri nati o cresciuti in Italia ha visto, di recente, un piccolo passo avanti con l’approvazione della legge sulla cittadinanza sportiva, che equipara i bambini residenti in Italia almeno dall’età di 10 anni ai bambini italiani per ciò che riguarda le procedure di tesseramento. Una legge importante ma che non tutela tutti i minori di seconda generazione, andando a creare una nuova categoria di esclusi, ovvero coloro che sono arrivati in Italia dopo il compimento dei dieci anni. Tra l’altro questa legge nulla stabilisce in merito ai minori non accompagnati. Ancora oggi, dunque, tantissimi ragazzi e bambini sono esclusi dalla partecipazione ai campionati dilettantistici in cui lo sport dovrebbe essere un veicolo per contribuire all’ educazione, formazione, socializzazione ed integrazione.
Nonostante le tante campagne e proposte avanzate negli ultimi anni (anche dalle squadre del movimento del calcio popolare campano), il problema della discriminazione nell’accesso allo sport permane. Siamo stanchi di sentire dalle Istituzioni sportive le solite belle parole sullo sport inclusivo e strumento di integrazione, se poi le Istituzioni stesse non fanno nulla per tramutare queste belle parole in realtà. E’ per questo che abbiamo deciso di fermare il gioco. Ed è per questo che non molleremo finchè l’accesso alla pratica sportiva non diventi davvero un diritto per tutti.




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