Dino Fava Passaro tra calciopoli, il mito di Van Basten e il sogno di riportare la Sessana in D



Dino Fava in amichevole contro la Casertana
Dino Fava in amichevole contro la Casertana

“Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio”, recitava Albert Camus, scrittore francese del ‘900 vincitore del Nobel per la Letteratura nel 1957 e portiere in gioventù.

Una frase che sembra davvero appropriata a raccontare la storia di un ragazzo che partito da Avezzano, una piccola frazione di Sessa Aurunca al confine Nord di ‘Terra di Lavoro’, ha girato in lungo e largo l’Italia inseguendo il sogno di diventare un calciatore professionista. Dino Fava Passaro, attaccante classe ’77, dopo oltre 500 presenze in carriera, di cui più di 300 tra Serie A, Serie B, Lega Pro, Coppa Italia e Coppa Uefa e più di 120 reti all’attivo è tornato a giocare nella squadra della sua città di origine, la Sessana. Domenica proprio il team aurunco, guidato da Riccardo Ricciardi, giocherà la finale play-off del Girone A di Eccellenza contro la Virtus Volla, per centrare l’accesso ai play-off nazionali con l’obiettivo di riportare la squadra aurunca in Serie D a circa cinquant’anni di distanza dall’ultima volta.



Sciarpata dei tifosi della Sessana
Sciarpata dei tifosi della Sessana

In Eccellenza per la Sessana. Il giro d’Italia di Dino Fava Passaro è giunto a quella che forse sarà la sua ultima tappa con traguardo a Sessa Aurunca: “A prescindere da tutto posso dire che abbiamo fatto un campionato straordinario indipendentemente dal risultato che verrà fuori domenica; abbiamo vissuto grandissime difficoltà in questa stagione per mancanza di strutture adeguate, quindi è ancora più gratificante come cosa. C’è euforia in città per questa finale e mi fa molto piacere, spero di ritrovare il gran pubblico della sfida con la Turris, perché mi emozionò davvero vedere la passione con cui la gente del mio paese accolse quel match e la trepidazione con cui si aspettano questi big match a Sessa Aurunca, è davvero molto bello. La mia scelta di giocare con la Sessana è stata presa con il cuore, non penso che sarei sceso in questa categoria per un’altra squadra; poi dal primo colloquio che ho avuto con la società ho capito subito che c’era serietà e voglia di far bene e questo mi ha aiutato a scegliere. Sono contento del campionato che abbiamo fatto, perché eravamo partiti per fare un bel campionato e siamo arrivati secondi dietro una squadra del blasone della Turris; probabilmente se non fossimo capitati in un girone senza una squadra come quella corallina, avremmo vinto il campionato con alcuni turni di anticipo. Domenica – continua il bomber aurunco – c’è una finale da vincere, senza fare calcoli sui due risultati, noi non siamo bravi a gestire il risultato ed il Volla è una squadra davvero ostica; avrei preferito affrontare l’Herculaneum però sono certo che se giochiamo come sappiamo ce la faremo. La squadra sta bene in questo momento, il gruppo è davvero molto unito… una vera famiglia come amo definirci ed il merito è senz’altro dello staff tecnico, con mister Ricciardi su tutti. La carica del pubblico è importante, non concordo con chi dice che è indifferente dove si gioca; mi piacerebbe vedere tutto il comprensorio unito per questo grande obiettivo, avrei voluto che anche nei momenti difficili ci fosse stato lo stesso pubblico, ma nel calcio è normale che solo i fedelissimi restano al tuo fianco in ogni situazione”.

dino favaDalla Serie A al calcio minore. “Ci sono delle differenze tra il calcio professionistico e quello dilettantistico a cominciare dalla professionalità, è molto diverso però secondo me non ci vuole tantissimo per migliorare, basta una buona organizzazione. Ad esempio devo dare atto alla società Sessana per quello che ha fatto, soprattutto ai pochi soci che sono rimasti fino alla fine; a loro va fatto un plauso perché qui in zona non abbiamo le strutture adeguate e questo rende tutto molto più difficile. E’ anche per questo motivo che i talenti del nostro territorio non riescono ad emergere, è un vero peccato perché ci sono tanti giovani interessanti”.

Maglia azzurra sfiorata. Ambizione di ogni calciatore è quella di giocare per la propria Nazionale; Dino non ha mai coronato questo desiderio, ma ci è andato davvero vicino: “Il mio sogno è sempre stato quello di diventare un calciatore professionista, infatti da ragazzino avevo quaderni e diari pieni di firme, mi esercitavo nella speranze di poter un giorno regalare autografi. Grazie a Dio si è avverato, facendo dei grandissimi sacrifici, soprattutto da ragazzo quando dovevi rinunciare alla fidanzatina e agli amici. E’ stata molto dura però per fortuna i miei sacrifici sono stati ripagati; ho scalato man mano tutte le categorie facendo la cosiddetta ‘gavetta’ e con i gol mi sono guadagnato la Serie A, quindi è stato ancora più bello, più sudato. Al mio primo anno all’Udinese a dicembre ero vice capocannoniere con 9 gol dietro Shevchenko del Milan che ne aveva 12, quindi qualche pensierino alla maglia azzurra lo avevo cominciato a fare, solo che in quel periodo non ci sono state amichevoli o gare di qualificazioni. Però non posso assolutamente lamentarmi – ribadisce l’ex centravanti dell’Udinese – riguardando la mia carriera a posteriori; un calciatore non ha la sfera di cristallo quindi non sempre è facile compiere le scelte più adeguate. Forse  non rifarei la scelta di andare al Treviso, perché lasciai l’Udinese su richiesta del mister Ezio Rossi che avevo avuto a Trieste, ma trovai una squadra non pronta per un campionato difficile come la Serie A e retrocedemmo. Nel calcio servono tanti fattori, soprattutto la testa sulle spalle e la giusta professionalità. Quando ero in Serie C ho visto alcuni calciatori che a mio parere avrebbero meritato palcoscenici migliori, ad esempio mi viene in mente Gasbarroni, però poi c’è bisogno anche di un pizzico di fortuna per arrivare e mantenersi a certi livelli”.

Maestri di calcio e non solo. Dietro ad annate condite da tanti gol c’è il lavoro di una squadra intera, ma soprattutto la sapienza tattica e la leadership di grandi allenatori: “L’allenatore più bravo che ho avuto in assoluto penso sia stato Spalletti, era un maestro negli allenamenti e negli schemi tattici. Quando scendevi in campo con lui sapevi alla perfezione quali movimenti fare e la palla arrivava dove doveva arrivare, quindi da attaccante ci andavi sempre con molta fiducia perché sapevi che il tutto sarebbe stato ripagato. Invece come uomo sono rimasto molto colpito da Arrigoni quando abbiamo vinto il campionato di B a Bologna, davvero una persona eccezionale che ha sempre detto quello che pensava”.

La collezione di magliette prestigiose
La collezione di magliette prestigiose

A tavola con i grandi… sognando Van Basten. Conserva tra i cimeli più preziosi, le maglie di grandissimi campioni che ha avuto la fortuna di affrontare; però uno solo era il suo grande idolo da adolescente: “Tra gli avversari più forti che ho affrontato sicuramente Cannavaro quando era alla Juventus sembrava insuperabile, infatti poco dopo conquistò addirittura il Pallone d’oro. Invece se devo pensare ai più forti che ho visto giocare contro di me non posso non ricordare gente come Zidane e Roberto Baggio, veri fenomeni. Tra i compagni di squadra che ho avuto Di Natale aveva delle qualità che pochissimi calciatori hanno, una tecnica da fuoriclasse. A mio avviso il suo difetto è quello di voler esser accentratore, vuole essere la prima donna; questo in una squadra come l’Udinese è possibile però ti chiude un po’ le porte di un grande club e sinceramente un po’ mi dispiace perché avrei voluto vederlo lottare in altre competizioni e per altri obiettivi. Il mio idolo, invece, è stato sempre Marco Van Basten, giocatore fortissimo e molto bello da vedere. Era un attaccante elegante, completo, non gli mancava nulla; il giorno del suo prematuro addio al calcio, non nascondo che mi sono scese le lacrime, fu veramente un colpo al cuore”.

Esultanze speciali. Un attaccante vive per il gol, però non tutte le reti hanno lo stesso sapore. Nella carriera di ogni calciatore ci sono reti speciali che verranno ricordate più di tante altre: “Ci sono stati due-tre gol che difficilmente dimenticherò. Sicuramente i due realizzati a S. Siro, quello a Dida del Milan nella sfida poi vinta dall’Udinese 2-1 e poi quello all’Inter che dedicai a mio figlio Christian appena nato, con una maglietta. Scendere in quello stadio e fare gol è davvero qualcosa di incredibile, sono momenti meravigliosi. Forse il gol più bello l’ho fatto invece con la Salernitana in B contro il Modena, su un cross ho colpito d’istinto con il tacco centrando l’angolino; ci fu anche un po’ di fortuna ma uscii fuori davvero una rete bellissima”.

Esultanza di Fava Passaro dopo il gol contro il Milan a S.Siro
Esultanza di Fava Passaro dopo il gol contro il Milan a S.Siro

Stadi caldi. Ho giocato in tantissimi grandi stadi, ma posso dire che Salerno ha uno stadio e una tifoseria che non ha nulla da invidiare alle squadre di Serie A. A Udine è un ambiente diverso, tutto è vissuto con più tranquillità e non ci sono pressioni, devi solo pensare a giocare a calcio; secondo me uno dei segreti dei vari miracoli fatti dall’Udinese è proprio questo, c’è tutto per fare il calcio a buoni livelli, strutture, progettualità e serenità. Invece tra gli stadi in cui ho giocato da avversari quelli che mi hanno impressionato di più sono stati soprattutto il S. Siro e il Marassi di Genova; in altri stadi, come l’Olimpico di Roma e il S. Paolo di Napoli, per via della pista d’atletica il pubblico è un po’ più distante e senti meno la pressione, altrimenti con tifoserie così calde sarebbe ancora di più un inferno giocare da avversario”.

L’era Calciopoli. Sinceramente dalla mia esperienza posso dire che giocare in squadre piccole contro le big era davvero difficile. Oltre ai fischi clamorosi, durante quei match ci sono tanti piccoli episodi dubbi che vedi fischiare sempre a favore delle grandi. A me fu annullato un gol regolare contro la Juventus e non ho mai capito come fu possibile; a dire il vero fui anche chiamato a testimoniare al processo contro Moggi per quell’episodio, ma come dissi allora e ribadisco ora io non potevo sapere che fosse stato annullato per malafede. Poi rivedendo le cose che sono emerse dai vari processi, col senno di poi inizi a pensare anche ad altre cose. Però capisco anche che per un arbitro è molto difficile non subire il blasone di certe squadre, non dare un rigore che ad una squadra di vertice non è la stessa cosa che non darlo ad una provinciale. Sono stato invitato anche nei salotti televisivi e puntualmente per gli errori contro certe squadre gli arbitri venivano massacrati, i media esercitano una forte pressione in questi casi. Se mi metto nei panni di un arbitro penso che mi deve essere davvero difficile fischiare contro certe compagini nel dubbio, con il rischio di stare poi fermo per 4-5 partite”.

"Dopo Sheva c'è Fava" titolava il Messaggero Veneto
“Dopo Sheva c’è Fava” titolava il Messaggero Veneto

Futuro incerto. A 38 anni è difficile scegliere cosa fare da ‘Grandi’ se hai ancora dentro il fuoco vivo che ti spingeva a scendere per strada da bambino per giocare con il tuo Super Santos : “Per il futuro sono molto combattuto perché ho tante idee per la testa, da una parte vorrei ancora giocare perché sento ancora quella voglia e quella passione che ti spinge a scendere in campo; da un altro lato avrei voglia di creare qualcosa per i ragazzi del posto e sono tentato anche di prendere il patentino da allenatore. Sono ancora incerto e non ho preso una decisione in merito, però di sicuro mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio”.


error: Content is protected !!
P