Capitan Mordente carica la Juve in vista di Varese



Marco Mordente a canestro (Foto Melone)
Marco Mordente a canestro (Foto Melone)

Parte dalla classica domanda da un milione di dollari, dalla domanda alla quale tutti stanno cercando di dare una risposta o hanno provato a dare una risposta o un’interprestazione: il mal di trasferta o nello specifico la differenza tra la Juve delle prime battute e quella della seconda parte quando si tratta di scendere in campo lontano da Pezza delle Noci. Ed allora ci ha provato anche Marco Mordente, il capitano bianconero a tracciare una linea ed indicare quelli che sono gli aspetti ed i punti fondamentali per spiegare questo cammino e provare ad invertirlo: «Credo che uno degli aspetti principali è che quando inizia la partita ci ricordiamo di essere la stessa squadra che la settimana prima ha giocato in casa ed ha portato a casa un risultato importante come per esempio ci è accaduto dopo Avellino e Cantù. Poi però quando i minuti continuano a passare la squadra di casa contro cui giochiamo aumenta il proprio ritmo e la propria pressione cosi come ci capita a noi al Palamaggiò, ma dall’altra parte non riusciamo a fare altrettanto. Non riusciamo ad aumentare il nostro livello e metterlo al pari o su di un gradino superiore rispetto a quello dei nostri avversari. Questo accade, però, quando ci troviamo di fronte ad un momento di difficoltà è in quel momento che non riusciamo ancora ad avere la forza mentale di restare li incollati alla partita e con la testa venire fuori da tutto quello che ci sta accadendo, che sia un fischio dubbio da parte degli arbitri, che sia una provocazione da parte dei nostri avversari o anche dalla presenza del pubblico».

Una questione mentale o caratteriale che sia, nella quale si insinua anche la paura di perdere o di vincere che sia?



«Assolutamente non è paura. Quella che noi chiamiamo comunemente come forza mentale o carattere non è un qualcosa che si crea o si inventa dal nulla, ma è un qualcosa che si costruisce passo dopo passo, partita dopo partita e quindi con quel vissuto cestistico che ti fa fare dei passi in avanti. Un qualcosa, insomma, che acquisisci scendendo in campo, analizzando la partita tante e tante volte riguardandoti in ogni singolo momento per riuscire a mentalizzare e ricordare cosa è successo in quel preciso momento di quella precisa situazione e come fare la cosa giusta rispetto a quanto invece era successo in precedenza».

Secondo te quale?

«Una vittoria. Un successo che sia chiaro non cancella quello che siamo o quello che dobbiamo fare, ma che di sicuro ci darebbe quella leggerezza mentale per poi metterne in fila altre. Insomma una sorta di effetto domino».

Dopo qualche partita in punta di piedi, Ronald Moore si sta dimostrando una pedina importante ed anche a Bologna lo ha dimostrato. Insomma la sua crescita potrebbe essere un passo importante verso quella vittoria?

«Siamo tutti contenti e felici del suo arrivo sia per quello che ci da in campo come giocatore, che fuori come persona. E’ arrivato da poco, ma il suo modo di essere e di integrarsi col gruppo lo fa sembrare come se fosse arrivato ad agosto e questo è molto importante».

La sua presenza ha giovato anche te? Visto che tante volte ci si è soffermati sull’idea che qualche tua prestazione non brillantissima era figlia di un utilizzo in eccesso per sopperire a determinate mancanze nel corso della stagione…

«Per quanto mi riguarda sono estremamente sereno, soprattutto se penso che guardandomi intorno vedo e noto la soddisfazione del coach, dei miei compagni di squadra e della società che apprezzano che faccio in campo la domenica o ancor di più tutte le sfumature del quotidiano e che servono per arrivare alla domenica. Tutto quello che fai quando si alza la palla a due, però, non passa solo ed esclusivamente dai numeri, ma anche attraverso tutto quello che con i numeri non ha niente a che fare come leggere una difesa o un extra pass perché in quel momento si ha bisogno di quello. Se Lele mi chiama per giocare 25 o 30 minuti io sono pronto».

Attacco o difesa, quale la chiave per vincere a Varese?

«Di sicuro la Cimberio è una squadra che ha tanto talento, ha tanti giocatori che possono far canestro e quindi la nostra prima priorità in termini di armi da utilizzare è la difesa, ma poi devi andare dall’altra parte e mettere punti sul tabellone e prima poi fare quel passo in avanti contro quelle situazioni di cui si parlava all’inizio. Quindi una sorta di mix tra le due cose».

 


error: Content is protected !!
P