Maresca giura amore alla Juve



Giuliano Maresca
Giuliano Maresca

«Da quando tutto è finito non faccio altro che pensare e ripensare a quel terzo tempo alla fine della partita contro Reggio Emilia. Non faccio altro che ripensare a tutti quegli applausi e ringraziamenti che il pubblico di Caserta ha voluto tributarci non solo per come abbiamo giocato l’ultima sfida che purtroppo non siamo riusciti a vincere, ma per l’intera stagione. Ecco perché sicuri d quanto sarebbe successo a fine gara contro Reggio, avevamo pensato che fare uno striscione come quello che abbiamo fatto, sarebbe stato l’unico modo per ricambiare quella passione e quella fiducia incondizionata nei nostri confronti non solo nell’ultimo periodo, ma durante tutta questa stagione». Ripercorre cosi i momenti conclusivi della sfida contro la Trenkwalder il capitano della Juve Giuliano Maresca che con voce emozionato nel passare al vaglio una stagione in cui il suo nome ed il suo numero di maglia è stato spesso quello fondamentale in campo, ma soprattutto anche fuori dove è riuscito a tenere tutti uniti, tutti compatti e concentrati verso l’obiettivo comune, cosi come un buon capitano deve fare al fianco dell’ammiraglio della nave. «Un finale che secondo me non poteva essere altrimenti; era già scritto. Quest’anno abbiamo vissuto tante difficoltà e non parlo solo di noi giocatori, staff e quant’altro, ma anche i tifosi che da fuori hanno sempre vissuto sul filo di lana per le sorti della società. Quando ti ritrovi in queste situazioni il modo migliore per andare avanti è far prevalere i valori veri, far prevalere le persone prima ancora che i giocatori. Questo nostro essere sempre in prima linea, sempre presenti a metterci faccia e cuore e a giocare nonostante tutte le difficoltà, abbiamo creato quel feeling particolare ed ancora più speciale di quanto quello che c’è da sempre tra questa città ed il basket».

Questo andare incontro e superare i propri limiti, è un qualcosa che ognuno deve avere dentro come persona o è semplicemente orgoglio di uno sportivo?



«E’ un qualcosa che devi avere dentro non puoi certo inventarlo e provare a crearlo dal nulla. Forse la dimostrazione è stato l’abbandono di Akindele che ha preferito andare a giocare altrove invece che lottare con noi fino alla fine. Devi avere voglia e determinazione nel lottare attraverso le difficoltà, poi è logico che devi avere un gruppo di persone a fianco come quello che abbiamo avuto compreso Pino che devo essere sincero ci ha aiutato tantissimo durante tutto l’anno a tenerci concentrati sul basket e darci quella spinta motivazionale in più ad arrivare fino alla fine».

E alla base di questo spirito quanto hanno inciso le vittorie. Si può dire che hanno aiutato a compattare ancora di più la situazione?

«Io direi che sono state fondamentali. Alcune vittorie ci hanno confermato che la nostra scelta era giusta e che gli sforzi che stavamo facendo erano ben ricompensati, quando vedi il risultato a fine partita ti carichi ancora di più e vai avanti e non ti fermi».

Guardando a tutta la stagione, hai qualche rammarico in particolare?

«Forse per come è andata la partita di ritorno a Venezia, quella in casa con la Reyer brucia un po’. Quei due punti e quella vittoria poteva essere importante per i playoff e ci è scappata di mano nonostante una buona gara. Avellino in casa? Forse anche senza i liberi ed i tecnici non l’avremmo vinta, l’inerzia era completamente dalla loro parte, ma di sicuro ci avremmo provato fino alla fine per i nostri tifosi».

Quale il momento più entusiasmante e perché?

«La vittoria di Cantù e per un semplice motivo: è stato il momento in cui tutti eravamo felici non per noi ma per un nostro compagno. Non ci importava chi ‘aveva vinta o se era un giovane abbiamo gioito tutti per tutta la sera e questo è stato un grande momento e dimostrazione di quello che eravamo in campo e fuori».

Quello peggiore?

«L’addio di Akindele ma semplicemente perché per quello che avevamo costruito e dopo una vittoria cosi importante andare via senza dire niente, senza un grazie o qualche parola non se lo aspettava nessuno».

Cosa ti ha colpito di più di questa squadra?

«La difesa. Nel periodo in cui abbiamo fatto una striscia di vittorie tante volte mi sono fermato a pensare a come difendevamo e ogni volta mi stupivo sempre di più. Abbiamo mostrato aggressività ed efficacia che forse nemmeno squadre fisicamente più attrezzate di noi si aspettavano».

Chi ti ha colpito di più?

«Stefano Gentile. Sapevo che lo scorso anno a Casale Monferrato aveva fatto un finale di stagione in crescendo, ma in questa stagione ha fatto delle grandi cose».

Cosa ti hanno regalato personalmente e professionalmente questi ragazzi e questa esperienza?

«Essendo il capitano sono uscito da questa stagione con tante emozioni ed orgoglio. Ero il punto di riferimento in squadra e fuori e questo mi ha dato tanto a livello personale e non lo dimenticherò mai».

Guarda avanti e cosa vedi nel tuo futuro?

«Io sarei orgoglioso di restare a Caserta e di essere ancora il capitano della Juve. Ma al momento la cosa importante non è chi resta o chi va via, ma dare il tempo a Iavazzi di fare quadrato e capire come porre le basi per parlare di tutto questo. Se proprio dovessi dargli un consiglio o una spinta a continuare gli direi di riguardare quegli applausi post Reggio Emilia e l’amore di questa città per il basket».


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