Riforma campionati nazionali… lo ‘strappo’ finale!



Le relazioni di Jordi Bartomeu mettono le cose in chiaro: l’Eurolega, rappresenta il top del Basket continentale. O meglio: l’associazione privata che gestisce il top dei tornei continentali, ha dichiarato i conti della casa: soldi, soldi e soldi… ma di quelli veri.
Con la nuova formula, è ormai chiaro che l’Eurolega è il torneo dei top teams per eccellenza: un torneo continentale globale che, ormai, si è imposto alla FIBA e detta il calendario.
A questo punto, ci aspettiamo un ultimo strappo da parte di Eurolega, quello della recisione del cordone ombelicale dal Basket dei burocrati FIBA, un carrozzone di voti sensa senzo.

La FIBA, mantenendo insieme federazioni diverse fra di loro, per caratteristiche e aspettative, agendo in modalità “politically (s)correct”, non ha mai spinto in avanti il prodotto basket, bloccandone lo sviluppo tecnico da circa 30 anni.
Lo sguardo deve essere volto all’America, lì dove è nato il basket;
lì dove il basket produce spettacolo e soldi (NBA); lì dove il basket è didattico e didascalico (NCAA); lì dove si fanno i regolamenti per far giocare insieme tutti: arbitri e giocatori, per il fine ultimo della glorificazione ($, ma non solo dollari) e dell’amore per la palla a spicchi.



Da lì, Eurolega deve prendere il meglio e servirsene qui in Europa:
-modificare le dimensioni del campo, cosa imprescindibile e improrogabile: il campo FIBA è mt. 28×15, e la linea da tre punti è sul fronte a mt. 6,75 e negli angoli a circa mt. 6,30; mentre il campo NBA è circa mt. 30×17, la linea da tre punti è sul fronte a mt. 7,25 e negli angoli a circa mt. 6,70.
Il ridicolo tiro da 3 punti, quando era a mt. 6.25, ha rovinato molte generazioni di giocatori, facendo giocare tutti al tiro al bersaglio, mettendo nel dimenticatoio i fondamentali del Basket (povero Eliott Van Zandt e il suo “Fundamental Fundamentals”), resuscitando perfino il buon colonello Gomelsky nella veste della sua famigerata “mezzaruota”;
-intervenendo su alcuni punti del regolamento tecnico: la modifica del fallo antisportivo, sulla scorta del “flagrant foul tipo1 e tipo 2”, l’inserimento del “Three D” (il tre secondi difensivo), evitare la somma di tiri liberi, ed eliminandone altri, come per esempio lo “smile” nell’area dei tre secondi (genera ancora più confusione agli arbitri). Su questo, gli addetti ai lavori, ne avrebbero da disquisire in maniera più precisa e pertinente. Mettendo insieme la grande preparazione di coach, giocatori europei e, quindi, tattica, tecnica e fondamentali, avremmo un livello ancora più alto delle gare di Eurolega, soprattutto se applicati su di un campo di dimensioni NBA.
Dunque, via Eurolega dalla FIBA!

Direte, ma cosa c’entra questo col nostro campionato? C’entra!
Eurolega deve avere nel suo campionato solo squadre proprie.
Per intenderci, tutte le squadre che attualmente vi partecipano, devono partecipare solo a questa nuova Lega. Stop!
Le caratteristiche economiche, strutturali e di utenza, sono troppo diverse e conflittuali per farle partecipare ai campionati nazionali.
Milano, guardando a noi, con il budget attuale, è inutile che partecipi al campionato di Lega A, e non mi riferisco solo alla sua forza sul campo. Sono proprio campionati diversi.
Puntuale, a conferma di quanto detto, le parole di Meo Sacchetti (Sportando 2019/feb/19): “Serie A a 18 squadre? Fatico a capire e penso a Milano che avrà anche l’EuroLeague a 18. Non so come ne uscirà”. Dunque, via Milano dalla LegaA.

Con l’uscita di Milano o, beninteso, di un’altra squadra che potrebbe seguirla in Eurolega, i nostri campionati nazionali dovranno affrontare un processo di profondo rinnovamento strutturale.
I campionati nazionali sono diventati, oramai, leghe di sviluppo per Eurolega e, il nostro campionato di Lega A, è diventato una lega di sviluppo delle altre leghe continentali.
Lo scarso appeal, tecnico, amministrativo, economico ed infrastrutturale fa si che, il nostro campionato di punta, sia considerato di “terza fascia”, da che eravamo il secondo campionato al mondo, dopo la NBA.
La cosa che balza all’occhio, in Italia, è la stridente contraddizione tra Fip e Lega; l’equivoco Lega-Federazione, è diventato il “peccato originale” che sta condizionando, in questo periodo storicamente difficile per l’economia, il basket nazionale.
LegaA e Fip, a tutti gli effetti e difetti, non hanno punti in comune e, le recenti vicende, hanno confermato la grande confusione che c’è: Comtec, giustizia amministrativa, tesseramenti, multe, gabelle federali dalla A fino ai campionati minori, ecc…
Gli ultimi casi confermano quanto sia aleatoria la gestione del campionato, e non è ben chiaro chi controlli chi.

Sul caso Nunnally, per esempio (squalifica comminata qualche anno fa e non scontata a suo tempo per trasferimento all’estero del giocatore), l’ad della Fiat Torino, Massimo Feira, ha dichiarato palesemente (Sportando 2019/feb/07): “Credo sia opportuno allargare il discorso.
Al momento, la Federazione, è vista solo come un soggetto che tassa le società e commina multe; dovrebbe avere un atteggiamento diverso e, insieme alla stessa Lega, ammodernare il sistema per farlo diventare professionale”.
E ancora (Sportando 2019/feb/15): “La Vanoli Cremona, in contrasto con quanto accaduto recentemente con la Sidigas Avellino, per il tesseramento di Patric Young, e con la Pallacanestro Cantù per il caso Nicola Brienza, ha deciso di disertare, da ora in poi, tutte le Assemblee di Lega, in contrasto con l’organo supremo di LBA.
Già nell’Assemblea di Lega che si è svolta nella giornata di giovedì a Firenze, non era presente alcun esponente della Vanoli che non si riconosce più nella LBA, almeno per il momento”.

La Fip risponde (2019/feb/09):
“Il Presidente Fip Giovanni Petrucci, manifesta il proprio apprezzamento per lo sforzo che la Legabasket Serie A sta compiendo per creare un sistema virtuoso che porti al rispetto pieno e puntuale delle regole e dei principi di sostenibilità del sistema, sempre e comunque nel rispetto delle reciproche posizioni.
Questo percorso, intrapreso dalla LBA, e dal suo Presidente, può tuttavia, a volte, portare i soggetti coinvolti a interpretare norme tra loro apparentemente confliggenti, il che li porta a situazioni di difficile soluzione come quella che vede coinvolta la società di Cantù. E’evidente che occorre, specie in questo momento decisivo per il processo di riforme della pallacanestro professionistica, trovare una sintesi di tali posizioni in modo da fondare un movimento più sostenibile, virtuoso e capace di garantire la parità competitiva tra tutti i partecipanti a una sana competizione sportiva.
La Fip, anche attraverso il Consiglio Federale, riafferma l’apprezzamento per il progetto che la LBA varerà e si rende disponibile, nel rispetto dell’autonomia degli organi federali, a lavorare perché si possa assicurare un sistema armonico e rispettoso delle reciproche competenze…”

Qualcuno ha capito qualcosa del burocratese Fip? Noo? Ok…
A me è chiara solo una cosa: non ci sono solo incongruenze e divergenze tra Fip e LegaA, ma pure all’interno della stessa LegaA; tante da formare una lista così lunga quanto inutile.
Perciò, bisogna definire bene gli ambiti, i ‘perimetri’: da una parte, una Federazione formata da burocrati professionisti e, dall’altra, una Lega fatta di società professionistiche che investono denari e devono avere il giusto ritorno, con regole certe e chiare.
La separazione strutturale tra Fip e Lega è un obiettivo da raggiungere assolutamente, mantenendo una collaborazione reciproca nell’ambito di alcune attività comuni.
La rivoluzione deve seguire due binari: le “convergenze parallele” di antica memoria, per il bene del Basket.

Una “Lega Italiana” formata dai proprietari (owners) delle squadre, dovrebbe creare e gestire in totale autonomia (organizzazione, economie, arbitri), un campionato professionistico a tutti gli effetti.
“Owner”, tradotto, è il proprietario della società che, oltre alla squadra, ha nella sua disponibilità anche il “ dome”: il palazzo dove giocare e fonte del “business”. Ma il concetto di “Lega“ e di “owner”, dalle nostre parti, assume un valore pressoché “astratto”: qualcosa di molto simile al concetto di feudatario medievale.
Tuttavia, anche nelle attuali condizioni di promiscuità, soprattutto strutturali, siamo convinti che, pure l’attuale LegaA, resa autonoma, potrebbe creare un prodotto migliore di quello attuale.
Quindi: alla “Lega Italiana”, la gestione di un campionato professionistico (LegaA), e di un torneo di preparazione ad esso (Lega2), con regole proprie e arbitri propri;
Alla Fip, pletora di federali spendaccioni (basta andare ad una delle loro spedizioni-vacanza al seguito della Nazionale per rendersene conto), la gestione di un campionato stile NCAA under 20 e di tutti gli altri campionati.

A tal proposito, ecco il mio “Libero pensiero”:
-Una Lega Italiana (autonoma) a gestire LegaA e Lega2.
-LegaA a 14 squadre (roster a 12 giocatori senza limiti di nazionalità. Eleggibili e non) e 1 retrocessione in Lega2.
-Lega2 a 16 squadre (roster a 10 giocatori con 7 eleggibili per la Nazionale e 3 non eleggibili). 1 promozione in LegaA, 2 retrocessioni in serie B.
Le promozioni in Lega2, dalla B, devono essere approvate dalla Lega Italiana previa verifica di requisiti (capacità economica, bacino di utenza, campo di gioco);
-Serie B (Fip): 2 gironi a 16 squadre (roster di 10 giocatori tutti eleggibili per la Nazionale), 2 promozioni in Lega2;
-Le restanti squadre, suddivise in campionati interregionali e interzonali;
-Campionato stile NCAA under 20 (Gestione Fip – roster composti da giocatori senza limiti di nazionalità), con partecipazione aperte a qualsiasi club affiliato alla Fip e obbligo, per le squadre della Lega Italiana, di iscrivere una propria formazione.

Si potrebbe scrivere ancora di come migliorare il Basket, e ancora e ancora.. Ma forse ho esagerato ad immaginare un Basket fatto su misura per tutti. Perciò, torno a leggere ‘Utopìa’ di Tommaso Moro:
forse è l’unica maniera per… “creare spazio al possibile, contro ogni passiva acquiescenza dello stato presente..!!”

Modestino Ardito


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