Non solo la prima squadra, ma anche il vivaio: l’annata della Juve non è stata rose e fiori anche nel settore giovanile che, però, ha iniziato a gettare delle basi per il futuro. Il futuro non si costruisce in un anno, ne in due; per capire che annata è stata, doveroso lasciare la parola a Mimmo Posillipo, casertano doc e responsabile tecnico del vivaio.
Che stagione è stata?
“Ci aspettavamo qualcosa di più – attacca Posillipo -, le annate sono dettate da una serie di variabili che non possiamo controllare. Tutto sommato siamo soddisfatti visto che il progetto iniziale era riuscire ad aver ragazzi utili alla prima squadra. Le note positive sono anche le convocazioni per le varie categorie giovanili regionali. Siamo soddisfatti del secondo anno dell’Academy: c’è stato un incremento del 30% di iscritti (il totale è quasi mille) nelle società che fanno parte del progetto”.
Sognavate una qualificazione alle Finali Nazionali o è andata come ci si aspettava?
“La concorrenza è elevata, l’obiettivo era riuscire ad avere competitività. Una Finale Nazionale sicuramente arricchisce l’esperienza dei ragazzi ma non deve essere l’obiettivo primario. Un vero settore giovanile deve pensare a formare ragazzi che poi diventeranno giocatori da prima squadra. I risultati arrivano, se si lavora bene, dopo almeno cinque anni. Chi pensa il contrario, non ha capito come funziona un vivaio”.
C’è qualche giovane futuribile?
“Ci sono nomi interessanti dai 2000 in poi: Cecere e Paterno (votato miglior giocatore campano al Trofeo delle Regioni) sono due patrimoni da curare”.
Barbagallo ha detto che, qualora acquisisse la Juve, proverebbe a portare un professionista anche nel settore giovanile…
“La sua opinione va a cozzare con l’andazzo nazionale. Generalmente si tende a prendere un allenatore del posto vuoi per i costi vuoi per la maggiore disponibilità ad aiutare il club in ottica futura. Un progetto, però, si sviluppa negli anni, noi abbiamo iniziato solo quest’anno. A mio avviso il suo discorso è fuori luogo fermo restando che, ci caccia i soldi, fa quello che vuole. Io lavoro 24 ore per il progetto assumendo oneri che non mi competevano. Prendo sempre l’esempio di Ornella Maggiò: lei era sempre presente alle partite delle squadre giovanili e conosceva tutti, questo è il modello di grande dirigente delle giovanili. Una persona da fuori non risolve i nostri problemi, per questo la sua proposta è superficiale e lascia il tempo che trova. Tranne Venezia, Milano o pochi altri, tutti utilizzano l’assistente del posto ed il responsabile del luogo. La sua nota fa pensare a chissà quali progetti ma è un discorso approssimativo del settore giovanile che può dare chi non vive e conosce queste dinamiche. Io non ne capisco di computer e di bonifiche del territorio e non parlo di argomenti che non conosco”.