Molin: “Orgoglioso della mia Juve a Roma”



Molin durante un time out a Roma (Foto Antonio Fiacco)
Molin durante un time out a Roma (Foto Antonio Fiacco)

Un bicchiere diviso a metà. Due mezzi bicchieri da guardare in prospettive diverse per la Juve dopo la sconfitta all’ultimo colpo in quel di Roma. Un mezzo bicchiere da guardare in maniera positiva mettendo davanti a tutto il non essersi completamente sciolti come è capitato in alcune occasioni lontano dal Palamaggiò e di aver sempre avuto la zampata per tentare di provarci. L’altro mezzo vuoto rappresentato da quel peso che ancora grava sulle spalle dei bianconeri quando si tratta di giocare ‘on the road’. Un peso che li porta a perdere del ritmo, a perdere palloni in momenti cruciali e di conseguenza perdere quell’attimo di lucidità necessaria per la vittoria. L’insieme dei due bicchieri, poi, è stato mescolato dal timoniere coach Lele Molin nella conferenza stampa post partita esordendo in questo modo: «Prima di tutto vorrei fare i miei complimenti a Roma per aver vinto una partita trovando nel momento cruciale sempre l’uomo giusto al momento giusto. Una lucidità che ha permesso loro di essere efficace oltremodo in un momento delicato della partita. Per quanto ci riguardo che nessuno dei miei giocatori possa guardarsi indietro e dire di aver lesinato qualche goccia di sudore per provare a portare a casa la vittoria. Ci siamo andati vicini, ci sono mancati passi che hanno fatto la differenza, ma credo che tutti i miei giocatori devono essere orgogliosi di quello che hanno fatto. Non possiamo essere contenti perché ovviamente abbiamo perso, ma almeno andiamo via con il cuore in pace».

Quali passi sono mancati?



«Vincere a Roma ed in generale in trasferta si necessita di una qualità superiore ed in particolare mi riferisco principalmente alle palle perse e ad una percentuale da tre punti ancora non a posto quando siamo lontani da casa. La buona notizia di questa necessità è che la maggior parte di questi passi sono mancati particolarmente nella prima parte del match. Nella seconda parte abbiamo comunque sofferto e siamo comunque stati costretti a rincorrere Roma, ma abbiamo trovato un po’ più di ritmo in attacco e soprattutto una fisicità diversa in difesa nonostante quel senso di blocco che ci pervade quando siamo in trasferta e determinato un po’ dall’inesperienza e un po’ da quella voglia o senso di dovere di vincere la partita. Un qualcosa che in un certo momento ci ha portati a cercare sempre Mordente. Marco è il nostro giocatore più carismatico e in grado in determinate occasioni di esaltarci. Quando però la difesa non ce lo permette dobbiamo essere bravi a trovare tutti altre soluzioni e fare un passo in avanti. Ma tutto questo fa parte, come dicevo in precedenza, di quel senso di poca esperienza che ci caratterizza e che invece ha fatto la differenza per Roma».

Tutto sommato senza un play, sotto nella partita, il lato positivo è il non aver perso o quanto meno essere astati in campo come nelle ultime trasferte. Un piccolo passo in avanti, ma pur sempre un passo…

«Per quanto riguardo la questione dell’uomo in meno, non credo che sia quella determinante, anche perché anche Roma ha il nostro stesso problema. La differenza, come dicevo prima, l’ha fatta il livello di esperienza e di lucidità tra le due squadre in alcuni momenti cruciali. Per quanto riguarda il bicchiere mezzo pieno è chiaro che rispetto alle ultime abbiamo fatto un passo in avanti. Nonostante non abbiamo mai avuto il pallino del gioco tra le mani, non abbiamo mai perso il filo della partita restando attaccati ai nostri avversari. Per pensare di vincere in trasferta, però, dobbiamo smussare ancora degli angoli come le palle perse ed altro nei momenti importanti».

Ancora una volta tanto Scott e Brooks e tanti minuti di panchina per Easley. Come se lo spiega?

«Non devo cercare una spiegazione, anche se il tutto è molto semplice. Per quanto riguarda Tony ha caratterizzato le sue prime giocate in rollate in cui ha perso il pallone e sono dovuto andare con chi era più pronto nel senso di impatto alla gara. Il resto non dipende dalle prestazioni, ma dalla considerazione che per il nostro ‘essere’ sugli esterni la coppia con Scott e Brooks è quella che ci dà più garanzie nell’aprire il campo, una coppia mobile e che da consistenza».  


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