La Juve ha il mal di trasferta



Un'azione di Reyer Venezia-Juvecaserta (Foto reyer.it)
Un’azione di Reyer Venezia-Juvecaserta (Foto reyer.it)

Ventiquattro ore per preparare la mente altre ventiquattro per sfruttare la stessa nel migliore dei modi ed affrontare il più classico dei reset dopo una sconfitta pesantissima. Un qualcosa ch, insomma, a cui i bianconeri sembrano essere abituati e pronti a svolgere ogni qual volta si torna a casa con qualcosa di pesante sulle spalle. E’ successo cosi – anche se su induzione e spinta di coach Molin, società, dirigenza e tifosi – dopo le cinque sconfitte consecutive (vittoria a Montegranaro e stagione ricondotta sulla retta via), è successo cosi dopo la cocente sconfitta al fulmicotone contro Cantù (in sequenza sono arrivate le più belle tre vittorie del campionato contro Bologna, Varese e Siena) ed ancora è successo così dopo aver perso in casa con Sassari, ma soprattutto aver perso la possibilità di finire tra le prime otto del girone di andata e quindi prendere parte alle Final Eight di febbraio in quel di Milano, perdendo ed in maniera meritata e disastrosa in quel di Cremona ovvero una sfida ed un’avversaria nettamente alla portata di capita Mordente e compagni (vittoria importantissima contro Pistoia tra le mura amiche immediatamente dopo). Insomma un processo che potrebbe anche portare alla conclusione – anche se non finale e definitiva – che prima di arrivare ad un momento importante, questa Juve ha bisogno di essere scossa, di essere presa a schiaffi per scuotere la testa prendere coscienza della propria rabbia agonistica e di mettere in pratica tutto quello che ha dimostrato di poter mettere in campo in un girone di andata che seppur positivo non è mancato di alti e bassi degni di una mappa di una tappa dolomitica del giro d’Italia. Una presa di coscienza, forse, dove ultimamente sta prendendo forma come denominatore comune il alto mentale, il lato della rabbia agonistica, il lato del non tutti i giocatori hanno giocato al pari delle loro qualità e possibilità. Tutte parole o incipit che sono arrivati dalla bocca dello stesso Lele Molin sia dopo la sconfitta di Cremona sia dopo quella di Venezia di qualche giorno fa. Incipit ai quali ne va aggiunto un altro molto importante e cioè tutte queste parole sono state pronunciate necessariamente in trasferta cosi come hanno testimoniato le ultime in laguna del timoniere mestrino alle quali si è accodato anche Sergio Luise, uno dei suoi assistenti in panchina: «Di sicuro ci dispiace non aver lottato per tutti i quaranta minuti. Nel finale di partita tutti i ragazzi hanno mostrato quella voglia di non mollare fino in fondo e salvare il doppio confronto, ma peccato non aver avuto la stessa energia prima e cioè quando siamo arrivati sotto nel punteggio. A quel punto invece di continuare ci siamo fermati. Questo è il rammarico più grande». Più o meno simili quelle post Cremona con l’aggiunta che alcuni dei giocatori, appunto, non erano riusciti ad esprimere il proprio potenziale avendo giocato al di sotto delle possibilità. «Ci sono dei momenti purtroppo – continua a spiegare lo stesso coach Sergio Luise – che pesano più di altri dal punto di vista mentale e di concentrazione. Un peso che a volte è raddoppiato per chi non è abituato o affronta per la prima volta un campionato europeo. Questo a volta ancora un po’ ci succede con prestazioni dove si avverte in maniera chiara». Parole pesanti e pungenti per un gruppo che potrà anche avere tanti difetti, ma di sicuro non manca di quel senso di orgoglio necessario per recepire ogni singola parola, vagliarne il peso e trasformarla in benzina da gettare sul fuoco ardente della voglia di rivalsa della sfida immediatamente successiva. Un fuoco che di sicuro ha pervaso, pervade e pervaderà per tutta questa settimana il cuore e l’anima di Jeff Brooks: «E’ stata la prova, anzi la riprova che Brooks in questo momento è il giocatore più importante per noi ed il nostro punto di riferimento. A Venezia da un lato non siamo riusciti a servirlo come si deve, dall’altro lo stesso Jeff è incappato in una particolare serata. Questo però ci deve anche far capire che dobbiamo lavorare per trovare delle alternative». Di sicuro oltre alle parole pesanti e pungenti, Stefhon Hannah avrà una ulteriore tanica di benzina da buttare sul fuoco: quella della panchina in tutto il secondo tempo a cui è stato relegato da coach Molin. Una decisione necessaria per un giocatore che, purtroppo, dopo un periodo di alti è tornato ad arrancare in cabina di regia trascinandosi dietro l’intero gruppo. E’ indubbio che la Juve giova dalle prestazioni di Hannah ed Hannah di quelle di alcuni suoi compagni di squadra (il suo rendimento per esempio è salito oltremodo nelle stesse partite di altissimo livello di Cameron Moore), ma questa volta la scintilla dovrà partire direttamente dall’ex Golden State Warriors che in questi giorni dovrà fare i conti anche con qualche problema fisico arrivato immediatamente dopo la sfida con Venezia. Chi invece quelle stesse parole di Molin le avrà ben impresse nella mente, ma perché per una volta non dirette a lui, è Claudio Tommasini: «La sua risposta in campo è stata davvero di alto livello – il commento dell’assistente della Juve -. In settimana si era allenato forte e con concentrazione e poi i risultati si sono visti in campo. Ed è stata proprio la sua prestazione a portarci alla decisione di insistere con lui che con altri».

Ed ora?



«Ora prima di tutto daremo un’ultima occhiata a Venezia – conclude Luise – e poi ci proietteremo e ci concentreremo solo ed esclusivamente sulla fondamentale partita di Pesaro». 


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