La Juve sogna l’impresa in laguna



Hannah in azione (Foto Carozza)
Hannah in azione (Foto Carozza)

Tutto azzerato, quattro mesi abbondanti di partite, allenamenti e risultati che al momento vengono messi in un faldone da destinare all’archivio della stagione con su scritto a caratteri cubitali, girone di andata. Quattro mesi di cui lo staff tecnico e l’intero roster terranno ben stretti solo ed esclusivamente l’esperienza acquisita giornata dopo giornata, settimana dopo settimana, ma soprattutto giorno dopo giorno dopo essersi guardati in faccia tra le mura di Pezza delle Noci nella gioia e nel dolore. L’esperienza arrivata da vittorie importanti a partire da quella dell’esordio e che questo pomeriggio darà vita al primo remake di seconda parte di campionato, passando per quelle che hanno forgiato di più l’animo bianconero come per esempio Siena, Bologna, Varese e quella immediatamente successiva a Venezia ed ovvero Pesaro. Ma anche l’esperienza delle cinque sconfitte in fila. L’esperienza di chi ha dovuto passare tra quelle stavano diventando macerie troppo ingombranti dopo i palazzi e grattaceli che si erano costruiti dopo le prime tre partite stagionali. Gli stessi che nelle cinque giornate successive si sono trasformate nelle macerie a cui si faceva riferimento in precedenza con una squadra a tratti incapace di tenere sulle spalle il peso di un finale punto a punto ed in generale di un secondo tempo in cui tutto perdeva di efficacia. Il tutto fatto di un contorno di mercato che sulle stesse macerie è arrivato come una pioggia battente che rende tutto più difficile da portare via. Eppure la Juve ha saputo mettere da parte tutto e tutti. Un merito che in primis va attribuito a coach Lele Molin che dall’alto della sua calma e della sua grande esperienza, ha sempre avuto la prontezza di resettare gioie e dolori e ripartire da capo. Calma e pacatezza che sono stati toccati profondamente una sola volta nel girone di andata, in occasione della sconfitta contro Brindisi e quindi alla fine di quella che era a conti fatti la quinta debacle consecutiva di una squadra incapace di reagire. Poi però tutto è svoltato, anche perché si dice che quando hai toccato il fondo non puoi far altro che risalire. E probabilmente il fondo la Juve l’ha toccato la sera dello sfogo di Molin dichiarando che forse non era in grado di fornire la guida giusta a questa squadra e che di tempo per aspettare i progressi di questi ragazzi non era infinito. Altrettanto probabile che le parole dello stesso timoniere mestrino abbia dato una spinta ulteriore verso il basso e che in pieno stile molla abbia portato i suoi giocatori a reagire con testa e cuore rimettendo a posto una situazione che sembrava totalmente compromessa almeno in termini di base su cui costruire la nuova stagione. Da quel momento, infatti, di acqua sotto i ponti ne è passata con i soliti alti e bassi, ma di sicuro quella che inizierà il girone di ritorno non è la stessa squadra che si è presentata all’opening day al Palamaggiò. Le parole di Molin in conferenza stampa di venerdì sono state chiare e cristalline: «La partita di Pistoia ha dimostrato che siamo una squadra diversa da quella delle prime fasi del girone di andata, specialmente dal punto di vista della compattezza mentale. In questi mesi siamo cresciuti ed in una partita difficile come quella con Pistoia abbiamo dimostrato in qualcosa che forse in passato non avremmo avuto». Ed allora in campo in laguna ci sarà una Juve diversa da quella dell’andata, anche se in tanti firmerebbero per rivedere quanto accaduto al classico ‘primo giorno di scuola’. Ma in laguna ci sarà anche una Reyer differente con il comun denominatore della principale differenza tra le due contendenti ai due punto: Tony Easley. Un giocatore in meno per Markowski, uno in più per Molin che tappa, dunque, la falla apertasi con l’infortunio di Moore. La stessa che il nuovo giocatore bianconero ha lasciato temporaneamente a Venezia e che verrà m,essa a posto nei primi gironi della prossima settimana con l’arrivo di Crosariol. Ma mettendo da parte partenze ed arrivi o cambi di allenatori, nello stesso girone di andata Venezia ha già dimostrato di preferire il calore casalingo a quello ‘on the road’. Un mutamento specialmente nei giocatori chiave della squadra che al Traliccio innalzano tutte le loro cifre e valori partendo da Andre Smith. Sebbene l’ex di turno sia il miglior marcatore dei lagunari a prescindere dal luogo di gioco, i numeri parlano chiaro: 17,1 punti lontano da casa che diventano 19,4 tra le mura amiche con la differenza tutta da trovare nella percentuale dalla lunga distanza che passa dal 33% al 55,9% quando si tratta di giocare in laguna. Forbice tra punti in casa e trasferta che si allarga maggiormente, invece, per Donnell Taylor che passa dai 12 (40.3% da due e 22% da tre) ai 16 punti (44,6% e 35,3% dalla lunga distanza) ai quali aggiunge anche 3,6 assist di media. Dulcis in fundo Luca Vitali. Il fratello maggiore del Vitali bianconero, è uno dei nuovi punti di forza della Venezia di Markowski, uno dei più costanti in termini di fatturato a prescindere che si giochi in veneto o in giro per l’Italia: 10.6 punti in casa e 11,4 in trasferta. Poca, invece, la differenza numerica e di cifre tra vittorie e sconfitte casalinghe della Reyer: cinque vittorie e solo due sconfitte, 57.2% da due e 43,4 % da tre nelle vittorie (19,8 assist di media e 17,4 palle perse) e 57% da due e 42,4% da tre nelle sconfitte (17,5 assist e 18 palle perse). 




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