Juve, il bicchiero mezzo pieno di Molin



Coach Molin
Coach Molin

«Non vorrei fare il filosofo, ma se qualcuno tre settimane fa a pochi giorni dalla prima partita di campionato ci avrebbe detto che in questa sala stampa avremmo parlato di una classifica fatta di quattro punti ed una sconfitta come quella arrivata contro Milano dove abbiamo giocato punto a punto, ci avremmo messo la firma tutti senza nemmeno pensarci». Il carico di emozioni e forse anche di fischi arrivati a Pezza delle Noci – che definire non casalinghi sarebbe un concetto che va oltre il normale concetto semantico della parola eufemismo – tutti si sarebbero aspettati un Molin un tantino più ‘fumantino’ ed invece quello giunto nella sala stampa del Palamaggiò al termine della sfida è stato il classico pacato, tranquillo coach della Juve che potrebbe incarnare nella maniera più assoluta il concetto di quiete dopo la tempesta. Una tempesta che ha investito la squadra, in buona parte il risultato ed anche i tifosi. Una tempesta che tutti si aspettavano arrivasse dalle scarpette rosse dell’Armani (comprese quelle di Alessandro Gentile che è stato abbondantemente fischiato al momento della presentazione delle squadre ndr) e che invece è giunta dall’arancione con misto nero degli arbitri. Ovviamente dal timoniere mestrino nulla è arrivato contro gli arbitri, ma solo qualche piccola considerazione sulla valenza e peso di alcuni falli sul corso della partita, ma nel pieno spirito di analisi e non di polemica. Ovviamente il dato più rilevante riguarda il quarto fallo di Roberts, riguarda il fallo tecnico fischiato alla panchina ed in particolare ad Atripaldi che rispettivamente hanno tolto il miglior attaccante alla Juve e ‘regalato’ all’Armani la possibilità di allungare il passo nella parte finale nel bel mezzo della rimonta bianconera. «Il mio pensiero generale sulla partita, quindi – ha continuato lo stesso Lele Molin – è che abbiamo giocato una buona gara per due terzo e per un terzo abbiamo sbagliato e concesso troppo ai nostri avversari e questa è una cosa che contro una squadra come Milano non puoi assolutamente fare perché paghi immediatamente».

Guardando nel dettaglio il match, quali i punti chiave secondo lei?



«Credo il primo sia arrivato molto in fretta. Nel primo tempo quando siamo riusciti a guadagnare un vantaggio anche consistente, siamo stati costretti a rinunciare ad un giocatore importante come Hannah a cui è stato fischiato il secondo fallo. La sua uscita ci ha condizionato tantissimo, visto che il secondo quarto è stato l’unico in cui abbiamo finito senza nemmeno un assist e contro la fisicità di Milano a metà campo avevamo bisogno del suo apporto di passaggi per spingere un po’ in più, senza contare che abbiamo fatto canestro dopo circa quattro minuti. Il secondo punto fondamentale è arrivato quando è stato fischiato il quarto fallo a Roberts. Avere un giocatore come Chris che a prescindere di quanto stava facendo in attacco, da poter mettere su Langford non è certo cosa da poco. Poi il talento di Langford lo porta comunque a segnare una ventina di punti, ma forse la fisicità di Roberts nel marcarlo non lo avrebbe portato ad andare cosi tanto in lunetta.

Quindi si può dire che nel bene e nel male sia Hannah che Roberts, in questo momento specifico, sono l’ago della bilancia di questa squadra?

«Non interamente. Per esempio non credo che Hannah abbia interpretato bene la partita sin dall’inizio visto che è stato immediatamente messo in difficoltà da Jerrels in difesa, ma dall’altra parte è altrettanto vero che contro una squadra dalla fisicità come quella di Milano e dove il ritmo o meglio la gestione e l’equilibrio del ritmo è molto importante la sua mancanza si è sentita. Detto questo non sono certo qui a lamentarmi o a dire che sono scontento del ruolo e lavoro che ha fatto Mordente o Tommasini in cabina di regia, ma solo che al momento il ruolo di titolare non può che essere il suo e che il suo secondo fallo ci ha condizionato».

Aveva indicato, in sede di presentazione non solo con Milano ma anche contro Pesaro, il ritmo come una delle chiavi della partita e alla fine cosi è stato…

«Dobbiamo imparare che non sempre dobbiamo per forza di cosa correre. Anche perché il tempo passa, le voci e video girano e a breve tutti sapranno che la prima cosa da fare contro di noi è cercare assolutamente di non farci correre. La fotografia di quello che sto dicendo è l’aggrapparsi di Samuels in un paio di occasioni per evitare che Moore gli andasse via in contropiede. Dobbiamo capire come gestire questi tempi e come far girare la palla in maniera migliore, cosi come abbiamo fatto nella seconda parte della partita, dove abbiamo avuto una circolazione migliore di quella del primo tempo dove non siamo riusciti a farla arrivare dove volevamo e ci siamo affidate a singole conclusioni. Ma tutto questo lo sapevamo cosi come ormai sappiamo che Cameron è un giocatore che deve essere in moto dalla squadra ed il cui rendimento va di pari passo con il ritmo della stessa. Quindi in settimana ci concentreremo ancora di più su questi aspetti che sicuramente miglioreranno nel corso del tempo».

Cosa si tiene stretto, positivamente, da questa sconfitta?

«L’approccio e l’impatto che i ragazzi hanno avuto non appena sono scesi in campo. Era ovvio che non potevamo avere un ritmo e giocare un basket simile a quello del primo periodo per tutto il match. Conservo l’aggressività che abbiamo ancora una volta dimostrato, ma soprattutto il modo di reagire nel momento di difficoltà tornando a galla dopo grandi svantaggi e di come abbiamo costretto Milano, che ha giocato una partita seria e di grande sostanza, a soffrire fino agli ultimi secondi. Questo è quello da cui dobbiamo ripartire».

 


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