Il tecnico Fusco si presenta alla piazza mondragonese



Allenamento

Sabato scorso la presentazione del nuovo tecnico Carmine Fusco allenatore 54 enne di Mondragone alla squadra. Un discorso molto franco da parte del nuovo tecnico domiziano che fa leva sulla voglia di far bene di tutto il gruppo. Arriva un allenatore esperto, del posto consapevole delle difficoltà reali che si stanno avendo. Una su tutte la questione campo. La squadra per tutto il mese di Settembre si allenerà in quel di Carinola. Domani primo impegno ufficiale della stagione in Coppa contro l’Hermes Casagiove. In questi pochi giorni di allenamento il suo è stato un lavoro psicologico:” Da calciatore sono stato a Mondragone , ho fatto delle esperienze con l’Afragolese del presidente Palladino.  Il mio ruolo una mezzapunta. Sono stato a Formia prima di essere richiamato a Mondragone negli anni ottanta . Ho sempre fatto settore giovanile. Sono stato l’iniziatore delle scuole calcio stando sempre in mezzo alle organizzazioni. Ho cresciuto tanti di quei ragazzi che ora stanno qui.  L’affetto di Mondragone L’essere riconosciuto dai tifosi come bandiera del calcio mondragonese non può che farmi piacere. Ora stavo seguendo il trapasso dal San Pio alla nuova società. Ero presente alle riunioni col sindaco. Ho tenuto sempre a cuore le vicende della squadra. Le dimissioni di Onorato E’ stato come un fulmine a ciel sereno . Mister Onorato ha lavorato benissimo e per noi era una dote di merito tenerlo qui a lavorare con i nostri ragazzi. Mi hanno contattato gli amici di sempre come la famiglia Pagliuca. Come un buon soldato quando viene richiamato dalla patria non può dire di no.  L’impatto con la squadra Tanti di questi ragazzi li ho avviati io al calcio sin dall’età di dieci anni. Capisco tutte le difficoltà conoscendo le problematiche più grosse come la chiusura del campo .  Sono bravo a lavorare con i giovani. Ho due lauree una in psicomotricità e una in scienze motorie. Ho lavorato come terapeuta per 15 anni in un centro di riabilitazione. La mia formazione è di tipo medico. Sono cresciuto nel calcio e so molto bene dove mettere le mani. Bisogna dare a questa squadra un po’ di tranquillità . Si volta pagina con la famiglia Pagliuca  I progetti, programmi sono sempre legati alla consistenza dell’organizzazione societaria. Non si fa una grande squadra solo in campo ma quando ci stanno i pezzi che lavorano. Parlare di salvezza è riduttivo perché alla fine i Pagliuca, i Follera, i Palumbo ce l’abbiamo noi e non gli altri.  Ci vuole il tempo materiale per lavorare e allestire il gruppo squadra. Il tempo necessario ci vuole. Possiamo ben figurare sicuramente, ce la giocheremo alla pari. Chiaramente il frutto del risultato sarà il lavoro di tutti. Il modulo offensivo Siccome ho esperienza da attaccante a me le partite che terminano 0-0 non interessano. Non ho mai messo il calcio come la cosa più importante. Ho il coraggio di affrontare le situazioni. Non ho paura di perdere nulla. Non ho l’ansia dell’allenatore che vive di calcio. Tutti mi conoscono, il mio nome è sinonimo di garanzia di serietà. Avendo fatto calcio quasi da professionista, ci credo nel calcio. La categoria non conta. Ci deve essere il massimo impegno per ottenere risultati Gli obiettivi Sono un allenatore aziendalista perché conosco le problematiche che affrontiamo . Non ci dimentichiamo che noi qualche mese fa non avevamo nulla. Puntiamo a far passare quest’anno puntando agli obiettivi massimi possibili. Facciamo i passi un poco alla volta. Il mio compito è quello di rassenerare gli animi e l’ambiente. Dobbiamo costruire il futuro. Ho preteso dalla società di avere le mani su tutto. Voglio essere una specie un allenatore manager alla Ferguson. Voglio tenere tutto sotto controllo. Non sono un accentratore ma per il momento che stiamo attraversando dobbiamo stare tranquilli. Voglio valutare la condizione fisica di tutti. Fra una settimana avrò il quadro della situazione più chiara. Non voglio criticare l’operato di chi c’era prima di me ma mi sono chiesto come mai dopo un mese di preparazione la squadra non avesse fatto un’amichevole. Far uscire la squadra significava di volta in volta testare il gruppo”.

Mario Fantaccione




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