Il contributo di solidarietà e la ‘purezza’ del basket



Il mondo del pallone si sta interrogando, in questi giorni, sul paventato sciopero proposto dai giocatori dopo la stangata economica arrivata a Ferragosto dal governo. Questo famoso ‘contributo di solidarietà’ non va proprio giù ai calciatori. Bene ha fatto, e fa strano dirlo visto il personaggio, Calderoli a minacciare il raddoppio delle tasse se continua questa disdicevole telenovela. Se il mondo del calcio si sta coprendo di ridicolo, il basket come si muoverà? «Se la legge dice che dobbiamo pagare, noi paghiamo». Ecco la risposta arrivata dai cestisti che si sono detti, dunque, disponibili a pagare il contributo di solidarietà. Per il triennio 2011-2013, è programmato un prelievo del 5% per la quota di reddito che eccede i 90.000 euro e del 10% per la quota che supera i 150.000 euro. «I contratti dei giocatori di basket sono al lordo. Quindi il contributo di solidarietà è a carico del lavoratore», spiega Giuseppe Cassì, presidente della Giba (Giocatori Italiani Basket Associati). Il presidente del sindacato tranquillizza tutti: «Non c’è nessun problema, non ci sono discussioni – ribadisce chiarendo che – parliamo comunque di un numero limitato di giocatori. Non sono in molti, sul totale degli atleti, a superare le cifre a cui si fa riferimento».
Insomma, detta in questo modo, il basket esce con un’immagine decisamente più pulita rispetto a quella del calcio. Lo sport della ‘pedata’ ha perso, dunque, un’altra occasione per avvicinarsi maggiormente alla realtà dei cittadini, mentre i cestisti sembrano essere più ‘coi piedi per terra’. Ecco, messa in questo modo, tanti applausi alla pallacanestro. Ma anche questo mondo ha le sue beghe ed è inutile che, ora, tutti gonfino il petto davanti ad un provvedimento, discutibile ok, ma da rispettare. Il mondo della pallacanestro italiana deve lavorare su tantissimi aspetti e almeno ci venisse risparmiata la parte delle ‘verginelle caste e pure’. Tra società storiche che spariscono dalla sera alla mattina, tra contratti sui diritti d’immagine che sono una costante ‘spada di Damocle’ sul capo dei presidenti (ma anche dei giocatori che spesso e volentieri non vengono retribuiti come stabilito) e giocatori americani che prendono, con irrisoria facilità, passaporti bulgari, macedoni, bosniaci etc. c’è ben poco di cui vantarsi o ergersi a paladini della legalità. Insomma, il basket italiano deve fare ancora parecchi passi prima di ripulirsi: in questo specifico caso ha dimostrato, almeno, di avere buonsenso cosa completamente assente nel calcio. Ma di cosa ci stupiamo? Siamo pur sempre italiani…




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