La sudditanza ‘fischiologica’… Serie B, tra Figli di una ‘dea minore’, ed un Basket in decrescita



‘Caro’ Petrucci, ma quanto ci costi… verrebbe spontaneo obiettare!!!

Avevamo appena vinto lo scudetto, nel lontano 1991, e la Gazzetta dello Sport intitolava a tutta pagina: “Figli di un basket maggiore”.



E’ appena finita la partita JuveCaserta-Palestrina che già, dalla sala stampa del PalaMaggiò, si leva il grido: “Figli di un dio minore” -peraltro contenutissimo, come ・suo costume- di coach Francesco ‘Ciccio’ Ponticiello.

E’ successo che, secondo le parole del coach, negli ultimi tempi gli arbitri hanno maltrattato la squadra di “Praeneste”, su cui si sta investendo molto nelle sue strutture, societarie e tecniche, per essere pronta al gran balzo di categoria.
Chi, meglio di noi, può capire il coach!!!

Noi che, per arrivare a quel titolo della “Gazza”, abbiamo subito per anni quella che chiamiamo, con un neologismo coniato ad-hoc da noi di Libero Pensiero Bianconero: la “sudditanza fischiologica”. Ma non stiamo qui per rivangare i fischi ‘chirurgici’ contro la JCe nelle finali scudetto con Milano, nel 1986 e 1987, o nella finale di Coppa delle Coppe del 1989, con il Real Madrid (ancora dolorosi e sanguinanti), perché oggi il punto è un altro.

E noi partiamo proprio da lì, dal “J’accuse” del coach, per poi andare oltre la sua legittima arringa. Noi vorremmo (noi presumiamo) focalizzarci sul cuore del problema. E siamo persuasi di riuscirci.

Ecco un estratto della requisitoria del coach:
«[..] Io non capisco perché, la piccola Cenerentola Palestrina, debba sempre vedersi fischiare, in casa e fuori, qualsiasi contatto sulle penetrazioni degli avversari. [..] La Pallacanestro è uno sport che ha bisogno di centri piccolo-medi, come Palestrina. E la Serie B è un campionato dove ci sono società che in­ vestono tanto, con grandi professionalità. [..] Ma credo vi sia una forma mentis sbagliata che, come Palestrina, stiamo sperimentando in maniera raccapricciante.
[..] E’ la forma mentis per cui, delle compagini che hanno magari il ‘difetto’ di possedere un palazzetto piccolo, ma costi di gestione paritari per tutte le spese federali, devono essere trattati come “Figli di un dio minore”. [..] Questa dimensione di vedere le cose, deve finire; tutto ciò nuoce all’intero movimento cestistico…»

Poi, dal severo ammonimento, proviamo a risalire a monte del problema.

Rapportando il quadro dei campionati nazionali di quegli anni (Lega Serie A-Serie A1, LegaDue-A 2 e Serie B, tutte a 16 squadre), con quello di oggi (Lega A a 16 squadre, Lega2 a 32 squadre e Serie B a 64 squadre), salta agli occhi il numero abnorme dei partecipanti. E la domanda scatta spontanea: ma quanti ele­menti servono per disputare tutte ‘ste partite ad un buon livello?

La questione è nota, ma è come il mistero di Pulcinella: tutti lo sanno, ma nessuno ne parla. Ebbene, lo faremo noi.
La verità è che NON ci sono arbitri di uguale livello tecnico e, soprattut­to, con lo stesso metro per tutte queste partite. Ma NON ci sono nemmeno tanti, buoni giocatori italiani, né tante società di livello. Tra Lega A (8 coppie + 8 ‘riserve’), Lega due (16 coppie + 16 ‘riserve’) e Serie B (32 coppie + ‘riserve’???), occorrerebbero circa 150 arbitri (forse di più) con adeguato livello tecnico.
Ebbene: semplicemente, NON ce ne sono!

Checché ne dica l’ottimo Presidente, NON c’è crescita del movimento, non se ne percepisce alcuna contezza; mettendo insieme società troppo diverse tra loro, per strutture e ambizioni, pur appartenendo alla stessa cate­goria, di fatto giocano campionati diversi, svilendone la qualità La selezione e le regole certe, generano competitività, e la competitività porta a migliorarsi sempre.
Ciò che invece, oggi, NON accade affatto.

Ora, lasciamo da parte, la Lega A.
Un campionato di Lega2, a 18 squadre, con una B a due gironi da 16 squadre, in questo particolare contesto economico, sarebbe la giusta pro­porzione. Provo a spiegarmi: ci sono società che stanno investendo, e molto, per dotarsi di quelle strutture necessarie ad affrontare contesti più competiti­vi. Palestrina è tra queste papabili. Quante altre sono come lei?

Ma facciamo un brevissimo passo indietro, quando il Basket tricolore era secondo solo alla NBA. I primi allargamenti dei campionati, negli anni ’70 e ’80, furono il frutto di un’accorta “geopolitica” fortemente voluta dall’allora presidente FIP, Enrico Vinci. Una piccola ‘rivoluzione’ che, sebbene criticata, ebbe il merito di diffondere il basket in aree nuove a questo sport. Se la memoria non mi inganna, anche Caserta ne beneficiò.

Poi, la FIP, ha proseguito in maniera incosciente ad accontentare una pletora di postulanti e consiglieri federali, aumentando a dismisura le par­ tecipanti ai campionati nazionali; la “Sentenza Bosman” diede il colpo di grazia al movimento professionistico.

Ora non c’è più tempo. Bisogna ridurre drasticamente il numero di squadre di Lega2 e serie B, per avere qualità da tutte le componenti, tecniche, societarie ed impiantistiche.

Solo per il “pontefice maximo” Gianni Petrucci, il tempo sembra non scorrere mai. Anzi, come ha recentemente dichiarato sui media, da novello Smith (ma non l’economista, bensì quell’Edward John Smith, capitano del Titanic): «Il Basket italiano gode di ottima salute!!!»
https://www.facebook.com/pensierojc/posts/2048577248558418

Un obliquo dubbio ci perseguita: non è che, forse, si tratta solo di una semplice equazione aritmetica: squadre x tasse federali= $$$?
E’ possibile?

Modestino Ardito


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