Corvino riparte dall’Aversa ma non dimentica il passato: “A Casale non sono stato capito. La Casertana? Vi racconto la mia esperienza in rossoblù”



Pasquale Corvino

L’attuale presidente onorario dell’Aversa Normanna Pasquale Corvino ha voluto puntualizzare alcuni aspetti delle sue partecipazioni alla gestione di Caserta, Real Albanova e appunto Aversa Normanna.

“Ho deciso di entrare nell’Aversa per creare qualcosa in una zona che in fin dei conti comprende circa 22 comuni con una densità abitativa di circa 400 mila persone e cioè il 50% della provincia dove il calcio non è molto legato alla Casertana poiché protendono tutti per il Napoli. Creare in zona un punto di riferimento di aggregazione sportiva anche se è complicato è il mio obiettivo. Entro come sponsor perciò non ho altre velleità e a differenza del passato studierò tutto nei minimi dettagli.



Relativamente alla Real Albanova, mi era stato detto che il paese aspettava un progetto valido, compreso l’amministrazione comunale. Tutto vero, ma mi hanno aspettato per invitarmi ad andarmene subito dopo essere arrivato. Forse chi mi convinse ad entrare non mi disse come stavano realmente le cose ed era giusto andare via per evitare di creare problemi e contrasti perché sono per l’aggregazione e non divisione”.

Passando alla Casertana, che rapporto ha avuto con i falchetti?

“E’ stato un gran bel rapporto. Momenti intensi, entusiasmanti grazie al calore dei tifosi che hanno apprezzato il mio impegno alla causa. Sono però capitato nel momento sbagliato. Il mio compito in questi anni specialmente nell’era Lombardi, non era quello di socio di maggioranza, ma semplicemente quello di trovare risorse per il settore giovanile che aveva un costo altissimo e che gravava sul sottoscritto. Il mio ruolo, oltre le giovanili, era quello di coprire il 25% della situazione debitoria della società oltre il pagamento delle tasse gare, la manutenzione del Pinto e il rapporto con le istituzioni, Comune, Provincia, Questura, Prefettura, Unione Industriali e fare in modo di promuovere al massimo il progetto rossoblù. Non sono mai entrato nell’aspetto dei bilancio né in quello tecnico non essendo esperto fino a tal punto dei rispettivi settori. Ritengo di averlo fatto con serietà anche se devo riconoscere che quando Lombardi è andato via la gestione Tilia mi è costata in un mese più della gestione Lombardi in tutto l’anno precedente partendo dal ritiro, trasferte, abbigliamento e tutto il resto. Quando poi si è andato a toccare alcuni tasti analizzando la gestione di qualcuno che per mestiere ci guadagnava, sono sopraggiunte solo tante calunnie e bugie che mi hanno messo in condizione o di rilevare o di cedere il club. Non mi è stata data la possibilità di acquistare ed è stato giusto farmi da parte. Però assicuro di aver fatto e svolto tutti gli incarichi che mi erano stati dati dagli altri soci con serietà e impegno e che oggi non sono stati molto apprezzati per calunnie e falsità raccontate ad arte sul mio conto, ma che non corrispondono al vero e né tantomeno ho interesse o volontà a chiarire”.

Molte polemiche sulla situazione debitoria passata. Lei ne era a conoscenza?

“Vi assicuro di non essere mai stato a conoscenza di alcuna carta ma di essermi fidato totalmente di chi gestiva la società. Quando ho richiesto i documenti non mi sono mai stati dati, anzi alcune spese da me sostenute non sono state neanche considerate. Per cui non posso esprimere giudizio sulla situazione debitoria degli anni precedenti, anzi sarei anche curioso di conoscerla anche se devo riconoscere che la gestione Tilia è stata a dir poco spaventosa nonostante la simpatia che posso avere nei suoi riguardi”.

Cosa le rimane dell’esperienza rossoblù?

“Aver fatto il presidente di una squadra che per due anni consecutivi ha partecipato ai playoff non può che rendermi orgoglioso anche se non mi perdono il fatto di dover essere stato più duro, specialmente quando eravamo primi in classifica, nel mettere paletti a qualche socio che forte anche del suo peso ha voluto fare acquisti che in quel momento hanno distrutto quel poco che io e Pannone avevamo costruito con un budget molto basso”.

Che idea si è fatto dell’attuale Casertana?

“Per quanto riguarda la gestione attuale non posso dare giudizi su D’Agostino poiché non lo conosco abbastanza e poi non è mio costume farlo. Per quanto riguarda Martone stesso discorso, però da quello che leggo bisogna prendere atto che è bravo perché è partito prima dal contesto societario e poi è passato a quello tecnico tenendo presente sempre il budget. E questo non è mai facile ed è qui che ci vede la bravura di un direttore sportivo. Per cui credo che la Caserana abbia un buon futuro però c’è bisogno di tempo perchè possa concretizzarsi nel contesto sociale di questa città poiché arriva da oltre 20 anni di serie D per cui è come se avesse saltato una generazione di tifosi e per riconquistarli, specialmente i giovani, c’è bisogno di tempo. Credo che la strada intrapresa sia la più adatta e giusta per quello che è il contesto sociale della città”.

Un ruolo importante lo avrà anche l’Amministrazione comunale. Lei che ne pensa?

“L’amministrazione comunale, anche se non in modo diretto, ha il dovere di stare vicino alla società specialmente nel problema stadio che indubbiamente oggi è di più facile risoluzione avendo un’amministrazione di natura politica rispetto a quando c’ero io quando il prefetto Niccolò non aveva alcuna intenzione di darci lo stadio se non dopo il pagamento di 1650 entro il venerdì e senza la garanzia della manutenzione del verde e delle pulizie dell’impianto. Oggi con questa Amministrazione è necessario un impegno da parte loro e di coinvolgerla anche come presenza all’interno dello stadio, ruolo che io avevo e sono stato in grado di coinvolgere i vari sindaci e amministratori. Questo è quello che deve fare l’Amministrazione di cui mia sorella è vice sindaco e sa bene che deve lavorare per questo. Cioè permettere alla società di avere uno stadio all’altezza di un club che voglia fare calcio in un certo modo in una città in cui c’è una grande carenza di strutture”.


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